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Il tempo dei profeti


Un progetto di Alfredo Jaar (www.alfredojaar.net). Erri De Luca, Bird Song / Canto cinciallegra, tradotto da Jim Hicks (2021).

A casa nostra Natale è arrivato un paio di settimane in anticipo. Nei primi giorni di dicembre ho ricevuto una mail da Alfredo Jaar, l’artista e fotografo nato in Cile che è stato insignito di borse dalle fondazioni Guggenheim e MacArthur e ha vinto, lo scorso anno, il premio Hasselblad. Oltre alle numerose grandi installazioni allestite in spazi pubblici, attraverso gli anni Jaar ha anche disegnato un piccolo numero di libri d’artista a tiraggio limitato, libri che hanno presentato saggi di autori da Cage, a Pasolini, a Godard. L’opera più recente in questa serie è un saggio richiesto a Erri De Luca e l’onore di tradurrlo è toccato a me. Come quasi tutto negli ultimi due anni, il progetto aveva avuto I suoi ritardi e ostacoli ma la sua ora era finalmente arrivata. Il messaggio d’ Alfredo era breve: “Abbiamo ricevuto i libri e sono bellissimi!” Il tempismo era perfetto: la settimana dopo avevo un volo per l’Italia e avrei potuto portare con me le copie per Erri.

Dato il soggetto del saggio, pareva il momento giusto anche per altri motivi. Il saggio di Erri è un canto d’amore alla gioventù—“una generazione ponte che si proietta sopra e oltre la corrente, invece che contro di essa, per raggiungere la sponda di una nuova umanità—oltre ad essere un intervento sulla crisi climatica. È uno squillo di tromba che trova la salvezza, come dice lui, affidata alla disperazione. Con l’uscita a giorni di un numero speciale della Massachusetts Review sui cambiamenti climatici, una raccolta fondamentale su quella che è la problematica del nostro tempo, le stelle parevano collimare perfettamente.

Allora come omaggio ai nostri lettori, ho pensato di condividere con voi alcune pagine del saggio, schermate che riproducono la bellezza del disegno del libriccino oltre al contenuto ispiratore del messaggio. Benché abbia tradotto le opere di De Luca ormai da più di un decennio, il progetto grafico di Jaar me le ha fatte vedere con occhi nuovi —quello che, in fin dei conti, come Šklovskij ha riconosciuto, dovrebbe essere il compito essenziale dell’ arte. Giocando semplicemente sull’alternanza fra due caratteri tipografici di dimensioni differenti, uno quattro volte più grande dell’altro, Jaar riesce a guidare il lettore, spingendolo a rallentare, ad assaporare le frasi aforistiche di De Luca una alla volta, a ruminarne il significato, a masticarne il bolo, come Nietzsche ci ha insegnato.

L’apertura del saggio offre l’illustrazione immediata di questo procedimento:

Anche se si potrebbe mettere in discussione la nostalgia melensa degli anni 60 che caratterizza i versi di questa canzone, il punto principale è chiaramente dato dall’immagine iniziale che torna dopo qualche pagina:

Alla pagina seguente, però, De Luca  devia bruscamente e ci offre invece un esempio virgiliano e una lezione che ci viene dal mondo di cui abbiamo permesso l’esistenza.

In questo caso caso, tuttavia, l’applicazione della lezione e della logica virgiliane sarà il compito che ci spetta tutti quanti. Quando si brucia l’intero pianeta, nessuna città rimane al salvo. Nelle sue pagine De Luca distingue la consapevolezza e l’impegno dei giovani dalle azioni di coloro che hanno oggi il potere. Da un lato, la gioventù:

Dall’altro, la classe dirigente:

Come cornice metaforica e trampolino dello slancio lirico, De Luca ci offre un aneddotto tratto dalla vita di Rosa Luxemburg:

Roy Scranton, nell’ introduzione per il nostro numero sulla crisi climatica, cita il gran Barry Lopez—che può essere probabilmente considerato fra gli scrittori ecologici un visionario cosí come lo era stato il socialismo profetico della Luxemburg:

“La definizione migliore che ho mai incontrato del significato del cantastorie nella società umana,” scrive Lopez, [. . .] “è una traduzione d’ isumataq, la parola per cantastorie nella lingua Inuktitut. Significa ‘la persona che crea l’atmosfera in cui la sagezza si rivela.’” La speranza esplicita di Lopez, come scrittore nella natura, era sempre che collegando “il paesaggio interiore della mente individuale con il paesaggio esteriore e condiviso della terra fisica diventasse possibile creare un disegno utile e permanente contenente una verità basata sui fatti o sulle emozioni.”

Che si debba, come Luxemburg, imparare il canto degl’ uccelli oppure che si inauguri, come Lopez, una fusione fra la nostra mente e l’intero pianeta, sembrerebbe certo che i nostri nidi non potranno mai essere ripuliti senza una ripensamento rivoluzionario che si allontanasse da  qualsiasi definizione limitata dell’ umanità.

De Luca non ha affatto illusioni quando si tratta delle prospettive di un tale cambiamento e crede che la nuova generazione sia ugualmente realista e non meno determinata:

Prima di partire per l’Italia, ho spedito una copia del chapbook all’altro grande artista cileno che mi capita di conoscere, almeno virtualmente—Ariel Dorfman. Mi ha risposto subito e ha detto che l’ha trovato “così eloquente e commovente, [un libro] che zigzaggava come la barca a vela amata da Erri e usata per suggerire come navigare il futuro,” un testo con “tant’ amore per i giovani.” Dorfman ha notato e celebrato anche la declinazione degli scrittori intessuti nel saggio. Per concludere, allora, vi lascio con un ultimo scorcio dell’arazzo letterario di De Luca:

Sicuramente oggi la gioventù deve credere, pace Amleto, che si sia scardinato non solo il tempo, ma il mondo intero. A differenza di Amleto, però, loro non hanno tempo da sprecare in lamenti e rancore.

La loro carozza, appena partita da Santiago, deve percorrere e scuotere il mondo.


Tradotto dall' autore e Anna Botta.

Jim Hicks è l'editore dalla Massachusetts Review.


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